Da decreto dignità a legge 96/2018, aspetti di rilievo in materia di lavoro

Il Decreto Legge n. 87/2018 è stato approvato in via definitiva: trattasi del c.d. Decreto Dignità (Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese).

In campo lavoristico vengono qui definite rilevanti modifiche in tema di

  • contratti di lavoro a tempo determinato
    • periodo transitorio fino al 31.10.2018 per l’applicazione delle nuove regole su proroghe/trasformazioni di contratti a tempo determinato
    • tetto del 30% di contratti a termine rispetto a quelli a tempo indeterminato
    • trasformazione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato (senza causali, superamento dei 12 mesi)
    • incremento del contributo addizionale nei contratti a termine
  • incremento dell’indennità di licenziamento
  • disciplina dei voucher nel settore turismo (aziende alberghiere/strutture ricettive) e agricoltura
  • esonero contributivo assunzioni under 35 fino al 2020
  • somministrazione di lavoro fraudolenta.

Qui di seguito, nel dettaglio, riportiamo gli aspetti di interesse per i datori di lavoro.

Contratto a tempo determinato

L’art. 1 del Decreto citato introduce rilevanti modifiche alla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato.
Tali disposizioni si applicano:

  • ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente all’entrata in vigore del decreto (14.07.2018)
  • ai rinnovi ed alle proroghe contrattuali stipulati successivamente alla data del 31 ottobre 2018 (periodo transitorio).

Il Decreto Dignità sottolinea che al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata:

  • non superiore a 12 mesi: contratto “acausale”;
  • non superiore a 24 mesi, qualora ricorra una delle seguenti causali
    • esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività,
    • esigenze sostitutive di altri lavoratori;
    • esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.

Sono fatte salve le diverse disposizioni dei contratti collettivi. Sono escluse le attività stagionali.

Ne deriva che

  • la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti, non può superare i 24 mesi;
  • qualora il suddetto limite di 24 mesi venga superato, per effetto di un unico contratto o di una successione di contratti, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di tale superamento.

L’apposizione del termine è priva di effetto se non risulta da atto scritto: copia del contratto deve essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro 5 giorni lavorativi dall’inizio della prestazione. Fanno eccezione i contratti di durata non superiore a 12 giorni.

Il termine del contratto a tempo determinato può essere prorogato, con il consenso del lavoratore,

  • solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a 24 mesi
  • per un massimo di 4 volte nell’arco di 24 mesi a prescindere dal numero dei contratti.

Qualora il numero delle proroghe sia superiore, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta proroga.

Decadenza e tutele
L’impugnazione del contratto a tempo determinato deve esser fatta valere dal lavoratore entro 180 giorni dalla cessazione del singolo contratto.

Divieto di apposizione di un termine
E’ fatto divieto sottoscrivere contratti a tempo determinato per

  • Sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero.
  • Presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo che il contratto sia concluso per provvedere alla sostituzione di lavoratori assenti, per assumere lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, o abbia una durata iniziale non superiore a tre mesi.
  • Presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario, in regime di cassa integrazione guadagni, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato.
  • Da parte di datori di lavoro che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell’articolo 28 e seguenti del decreto legislativo n. 81 del 2008, e successive modificazioni.

È possibile stipulare un nuovo rapporto a termine

  • decorsi 10 giorni dalla scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi.
  • decorsi 20 giorni dalla scadenza di un contratto di durata superiore a sei mesi.

Se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto

  • pari al 20 per cento fino al decimo giorno successivo
  • pari al 40 per cento per ciascun giorno ulteriore.

Qualora il rapporto di lavoro continui

  • oltre il trentesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi
    ovvero oltre il cinquantesimo giorno negli altri casi,
  • il contratto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini.

Necessita porre attenzione alla seguente limitazione, già presente con il Jobs Act: qualora la contrattazione collettiva non disponga diversamente, non possono essere assunti lavoratori a tempo determinato in misura superiore al 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 01.01 dell’anno di assunzione, con arrotondamento del decimale all’unità superiore.
In caso di inizio dell’attività nel corso dell’anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento dell’assunzione.
Per i datori di lavoro che occupano fino a cinque dipendenti è sempre possibile stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato.
Sono esenti dal limite, nonché da eventuali limitazioni quantitative previste da contratti collettivi, i contratti a tempo determinato conclusi nelle seguenti ipotesi:

  • fase di avvio di nuove attività, per i periodi definiti dai contratti collettivi nazionali di lavoro anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e comparti merceologici
  • imprese start-up.
  • attività stagionali
  • per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi.
  • per sostituzione di lavoratori assenti.
  • con lavoratori di età superiore a 50 anni
  • con soggetti disoccupati che godano da almeno 6 mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali
  • con lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati.

In caso di violazione del limite percentuale, restando esclusa la trasformazione dei contratti interessati in contratti a tempo indeterminato, per ciascun lavoratore si applica una sanzione amministrativa pari a

  • 20% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale non è superiore a uno.
  • 50% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale è superiore a uno.

Incremento della contribuzione addizionale del contratto a termine

Come noto, nel caso di contratto a termine il datore di lavoro è tenuto versamento di contribuzione addizionale.
Il Decreto Dignità ha previsto l’aumento degli importi dovuti a tale titolo.

Il contributo addizionale dovuto sulla retribuzione imponibile ai fini previdenziali a carico del datore di lavoro viene così determinato

  • primo contratto a termine stipulato dopo l’entrata in vigore del Decreto Dignità (comprese le proroghe) è pari all’1,4%,
  • primo rinnovo del medesimo contratto, è pari all’1,9%;
  • secondo rinnovo del medesimo contratto, è pari al 2,4%
  • incremento pari allo 0,5% ulteriore per successivi rinnovi.

Tale incremento non si applica ai contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni.

Indennità di licenziamento

Il Legislatore ha preso in considerazione anche l’aspetto della risoluzione del rapporto di lavoro, stabilendo un incremento delle somme che l’azienda sarà obbligata a riconoscere al lavoratore in tutti i casi in cui non sia accertata giudizialmente la totale insussistenza del fatto materiale posto a base del licenziamento, ma lo stesso risulti ugualmente non assistito dagli estremi necessari. In tali casi il giudice dichiarerà estinto il rapporto di lavoro e condannerà il datore di lavoro al pagamento di un importo “non inferiore a sei e non superiore a trentasei mensilità”.

Modifiche sono state previste anche in merito ai limiti minimi e massimi per l’indennizzo previsto in caso di offerta di conciliazione: passa da un minimo di tre mensilità ad un massimo di ventisette.

Prestazioni occasionali – voucher

La Legge di conversione interviene anche sulle prestazioni occasionali ex DL n. 50/2017.
Resta confermato il principio in base al quale le prestazioni occasionali non sono attuabili da utilizzatori che impiegano più di cinque lavoratori subordinati a tempo indeterminato.
Deroga viene ora prevista per le aziende alberghiere e le strutture ricettive che operano in ambito turistico: qui il limite viene portato a 8 lavoratori a tempo indeterminato. Condizioni da rispettare risultano tuttavia le seguenti: le prestazioni devono esser svolte da

  • pensionati;
  • giovani studenti con meno di meno di 25 anni di età, se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado ovvero a un ciclo di studi presso l’università;
  • disoccupati;percettori di prestazioni integrative del salario, del reddito di inclusione (REI) ovvero di altre prestazioni di sostegno del reddito.

Questi percettori, per poter beneficiare dell’agevolazione prevista dal comma 8 dell’articolo 54-bis del DL n. 50/2017, ovvero computabilità del solo 75% dei compensi dagli stessi percepiti ai fini dei limiti economici previsti dalla norma, devono autocertificare l’appartenenza alle categorie su menzionate, all’atto della registrazione nella piattaforma informatica.

La generalità dei committenti deve sempre indicare – in comunicazione preventiva – la data e l’ora di inizio e di fine di ogni prestazione occasionale. Specifica norma stabilisce che, gli imprenditori agricoli, ed ora le aziende alberghiere e le strutture ricettive che operano nell’ambito del turismo, nonché gli enti locali, devono invece indicare “la data di inizio e il monte orario complessivo presunto, con riferimento ad un arco temporale non superiore a dieci giorni”.

Esonero contributivo per favorire l’occupazione giovanile

Confermato per gli anni 2018 – 2019 e 2020 risulta l’esonero contributivo ex L.205/2007.
Ai datori di lavoro privati che, a decorrere dal 1° gennaio 2018, assumono lavoratori con contratto di lavoro a tutele crescenti ex D.Lgs. 23/2015, spetta

  • per un periodo massimo di 36 mesi
  • l’esonero dal versamento del 50% dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro
  • nel limite massimo di importo pari a 3.000 euro su base annua, 250 euro su base mensile e 8,06 su base giornaliera

Trattasi di lavoratori che, alla data della prima assunzione incentivata:

  • non abbiano compiuto il 35° anno di età;
  • non risultino essere stati occupati a tempo indeterminato con il medesimo o con altro datore di lavoro.

Lavoro in somministrazione/interinale

Merita particolare attenzione quanto annotato nel provvedimento pubblicato: quando la somministrazione di lavoro è posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto applicate al lavoratore, il somministratore e l’utilizzatore sono puniti con la pena dell’ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione.

Alleghiamo, per completezza, il testo del provvedimento e le note di conversione del decreto.